Le “Minni di Virgini” vantano un riferimento letterario, nelle pagine del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. Un dolce che aveva turbato il sonno di Don Fabrizio, principe di Salina, che riferendosi alle “impudiche” paste delle vergini, si chiedeva come mai il sant'Uffizio non pensò a proibire questi dolci.
Le “Minni di Virgini” sono legate alla Sambuca-Zabut del XVIII secolo. Ad inventarle fu Suor Virginia Casale di Rocca Menna del Collegio di Maria che nel 1725, nel dar loro questa forma particolare, non si ispirò alle fattezze del corpo femminile, ma alle dolci collinette della valle dell’Anguillara, del Castellaccio e della Minnulazza che vedeva dalla finestra della sua stanza.
Donna Francesca Reggio, divenuta marchesa di Sambuca dopo aver sposato Don Giuseppe Beccadelli, in occasione delle nozze del figlio Pietro, chiese alla religiosa un dolce che racchiudesse un messaggio per il popolo: il matrimonio, oltre a portare giovamento alla famiglia, lo avrebbe portato -per riflesso- anche all’intera comunità. Per queste ragioni, il dolce si presenta maestoso, ma povero all’interno. Si tratta infatti di un involucro di pasta frolla ripieno di biancomangiare (alias crema di latte), zuccata (marmellata povera fatta con zucche coltivate nel chiostro della chiesa), scaglie di cioccolato fondente, il tutto profumato all'essenza di fiori di garofano e cannella, decorato con la diavolina colorata. La particolarità di questo dolce sta nel fatidico ingrediente segreto, fedelmente custodito e tramandato di generazione in generazione dalle pasticcerie locali e dalle pochissime famiglie sambucesi che possiedono l’originale ricetta.
Ogni anno, inoltre, nel mese di maggio, si svolge a Sambuca il “Minna fest”, una manifestazione che celebra il particolare dolce della tradizione sambucese. Dal 2016 la “Minna di Virgini” è nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT).